Benevento, la città come organismo vivente

Per aprire il dibattito sul nuovo Piano Urbanistico Comunale segnaliamo il libro “Fitopolis la città vivente” di Stefano Mancuso

Post del 18 febbraio 2024

Si comincia a discutere a Benevento del nuovo Piano Urbanistico Comunale e le attenzioni degli addetti ai lavori si concentrano, come al solito, sul valore dei terreni, le speculazioni edilizie, il voto di scambio affari/politica.

Invece è necessario stimolare una discussione sulla città e la qualità della vita nella attuale fase di emergenza ambientale.

Cominciamo oggi segnalando il libro di

Stefano Mancuso “Fitopolis la città vivente” editore Laterza

«In un periodo di così drastici cambiamenti, in cui la resistenza e la capacità di adattamento diventano valori fondamentali, immaginare le nostre città come organismi diffusi e in comunità con il resto del vivente, in breve immaginare le nostre fitopolis costruite come fossero delle piante, potrebbe regalare enormi vantaggi alla nostra specie e al pianeta.» Lella Baratelli

Trascriviamo la presentazione pubblicata sul sito Laterza che contiene anche una nota su Stefano Mancuso

“Da troppo tempo ci siamo posti al di fuori della natura, dimenticandoci che rispondiamo agli stessi fondamentali fattori che controllano l’espansione delle altre specie.

Abbiamo concepito il luogo dove viviamo come qualcosa di separato dal resto della natura, contro la natura.

Ecco perché da come immagineremo le nostre città nei prossimi anni dipenderà una parte consistente delle nostre possibilità di sopravvivenza.

Nel volgere di pochi decenni, l’umanità è andata incontro a una rivoluzione nelle sue abitudini ancestrali.

Senza che ce ne accorgessimo, la nostra specie, che fino a poco tempo fa viveva immersa nella natura abitando ogni angolo della Terra, ha finito per abitare una parte davvero irrisoria delle terre emerse del pianeta.

Cosa è accaduto?

Da specie generalista in grado di vivere dovunque, ci siamo trasformati, in poche generazioni, in una specie in grado di vivere in una sola e specifica nicchia ecologica: la città.

Una rivoluzione paragonabile soltanto alla transizione da cacciatori-raccoglitori ad agricoltori avvenuta 12.000 anni fa.

È certo che in termini di accesso alle risorse, efficienza, difesa e diffusione della specie questa trasformazione è vantaggiosa.

Ma è altrettanto certo che ci espone a un rischio terribile: la specializzazione di una specie è efficace soltanto in un ambiente stabile. In condizioni ambientali mutevoli diventa pericolosa.

Il nostro successo urbano richiede, infatti, un flusso continuo ed esponenzialmente crescente di risorse e di energia, che però non sono illimitate.

Inoltre, fatto decisivo, il riscaldamento globale può cambiare in maniera definitiva l’ambiente delle nostre città e costituire proprio quella fatale mutazione delle condizioni da cui dipende la nostra sopravvivenza.

Ecco perché è diventato vitale riportare la natura all’interno del nostro habitat.

Le città del futuro, siano esse costruite ex novo o rinnovate, devono trasformarsi in fitopolis, luoghi in cui il rapporto fra piante e animali si riavvicini al rapporto armonico che troviamo in natura. Non c’è nulla che abbia una maggiore importanza di questo per il futuro dell’umanità.”

Segnaliamo anche La recensione di Lella Baratelli



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