Commento di Pompeo Nuzzolo, ex segretario generale ed esperto di Finanza Comunale, alla Relazione del Ministero delle Finanze sui Bilanci del Comune di Benevento pubblicata su questo sito.
Altra Benevento, pubblicando la relazione dell’ispezione redatta dalle ispettrici del ministero dell’economia, mi ha dato, e non solo a me, l’opportunità di leggerla e, di conseguenza, di poter offrire un contributo all’auspicabile dibattito che si svilupperà fra le forze politiche, sociali ed i cittadini contribuenti.
I temi che emergono sono tanti per cui mi limiterò solo ad alcuni, rinviando gli altri, pur di non minore importanza, ad ulteriori interventi.
Il problema di maggiore importanza è la Tari.
La stessa ispezione ci informa che la Tefa del 2017, tassa dovuta alla provincia nella misura del 5% del gettito incassato della Tari, è stata trasferita alla Provincia per la somma di «547.905,05, e qualificato come avanzo di amministrazione libero e utilizzato per il pagamento della TEFA – quota provinciale, la quale, come si legge in delibera, era stata inclusa nel piano finanziario 2017, ma non impegnata nell’esercizio di competenza per mancanza di regolarità contabile».
Le ispettrici, però, nulla dicono sulla segnalata mancanza di regolarità contabile, ma così proseguono: «Da questo deriva implicitamente il conseguente fittizio raggiungimento del “pareggio finanziario” e degli equilibri in fase di bilancio previsionale negli esercizi 2017 e 2018».
La Tari, dunque, è il vero problema della tenuta degli equilibri di bilancio, e non per la tanto reclamizzata “evasione”, ma per l’aggiunta di tassazione che finanzia la spesa corrente.
Cercherò di spiegarmi utilizzando i documenti ufficiali della Tari del 2017, e di quella del 2020.
La prima osservazione da farsi è relativa al “ruolo”, che non è un mostro, ma l’elenco di tutti i cittadini che sono soggetti alla tassazione della Tari, contenente, il codice fiscale, il numero di matricola, l’identificazione dei beni tassati e l’importo da versare, nonché il totale generale da riscuotere.
Nel 2018, con la determina n. 54 del 20 giugno 2018, mancante sia del parere contabile, sia del numero del registro generale, e che, salvo errore, non risulta essere stata mai pubblicata, si approvò il ruolo della Tari 2017 per un importo di €15.797.172,16, compreso il 5% della tassa provinciale.
Tale somma, però, risulta inferiore all’accertamento determinato dal responsabile dell’ufficio finanza in euro 16.617.167,78.
Con la medesima determina, poi, si compensò sul “ruolo”, anch’esso non pubblicato, e quindi a favore del Comune, la somma di 1.720.000 euro per compensare perdite finanziarie dovute alle agevolazioni e riduzioni finanziarie che, però, come per legge, sono già sono comprese nel Pef e nel “ruolo”.
In pratica la cifra sopra indicata fu prelevata e destinata, immagino, ad entrate correnti, diminuendo, di fatto, il gettito della tassa. Quanto innanzi, tra l’altro, comporta che le percentuali di evasione sono snaturate, cioè non corrispondenti alla realtà.
Infatti, la percentuale di evasione, calcolata rapportando il gettito reale, riportato nella determina per 10.985.101,02, all’importo di 15.797.172,16 come risulta dal ruolo che però è stato certificato a posteriori, è del 30,46%. Viceversa, se fosse calcolata sulla cifra di 18.788.169,31, indicata come entrata teorica con riduzioni, aumenta al 41,53%.
Tutto si basa su un gioco di parole, entrate senza riduzioni 15.068.369,31 e costo del servizio, comprese appunto le riduzioni, di 16.788.369,31. È opportuno precisare che le cifre commentate sono tutte rinvenibili negli atti ufficiali del comune.
Perché rifare lo stesso ragionamento per il 2020?
Per un motivo molto semplice, perché ci sono tutti i dati, relativi alle superfici e alle utenze, che consentono di accertare che le tariffe sono calcolate sul numero più grande. Nei Pef, infatti, le matricole e le superfici, elementi base per il calcolo dell’imponibile su cui determinare la tassa, spesso cambiano in diminuzione per calcolare la cifra da inserire in un ruolo che non c’è.
È il Consiglio Comunale che approva la tariffa e, forse inconsapevolmente, in misura maggiore del consentito senza avere però il potere impositivo, il cui esercizio ha il limite invalicabile del costo.
La tassa, infatti, come tassativamente stabilito dalla legge, non può superare il costo del servizio indicato nel Pef validato dall’Ato.
Il piano 2020, elaborato da una società privata che si presume inviato dall’Asia, ammonta ad € 15.904.412,39.
Sempre la legge prevede che il piano dei costi debba contenere anche le agevolazioni i cui oneri sono spalmati sui contribuenti che non hanno agevolazioni o riduzioni. È l’attuazione di un principio di solidarietà, per cui chi non ha riduzioni si accolla qualcosa di un contribuente più debole.
Mentre negli esercizi precedenti, dal 2017 al 2019, l’amministrazione ha approvato il piano finanziario con due totali diversi, il primo, comprensivo di tutti i costi, con un gettito virtuale maggiore del secondo che era considerato come gettito atteso. Nel 2020, cambiano le parole ma non la sostanza. Le tariffe sono tarate per un gettito totale di 17.614.605,35 con le riduzioni incorporate ma non specificate.
In concreto la somma della Tabella 2 (Dati imponibile utenza domestica) e della 3 (Dati imponibile utenza non domestica) conduce effettivamente ad un totale di 17.614.605,35 euro (10.370.530,11 + 7.244.075,23), ma il Pef è stato validato dall’Ato con Determinazione del Direttore Generale n° 06 del 27 luglio 2020 per € 15.904.412,39, come importo comprensivo delle riduzioni ed agevolazioni.
Il tetto approvato dall’Ato, ed è sempre bene ribadirlo, è invalicabile per legge e da ciò la precedente osservazione sull’approvazione inconsapevole del Consiglio comunale di una tariffa maggiore di quella effettiva.
Infine, un cenno sui ruoli annui.
Non c’è una specifica approvazione dei ruoli, come dovrebbe essere, ma semplicemente una presa d’atto dell’elenco dei contribuenti trasmesso dall’Andreani Tributi Srl. Ciò determina, di conseguenza, un accertamento della cifra minore, che per il 2020 è di 15.392.204,27 a titolo di tari e 769.603,73 di Tefa (Det. n 40 del 20 agosto 2020).
Il tema della tassa aggiunta, non accertata come tassa, che probabilmente andrà a finanziare la spesa corrente, se non finanziata da entrate correnti, produce distorsioni sulla tenuta degli equilibri di bilancio e sul giudizio sui comportamenti dei contribuenti, vedi il fenomeno dell’evasione.
La prova che il comune preleva con la Tari più di quello consentito è fornita dalla relazione dei revisori sul conto consuntivo dell’esercizio del 2021.
A pagina 19 della relazione del conto ci informa che il prelievo ammonta a € 19.188.162,96 (13.995.172,37-accertamento di competenza +5.192.990,39-residui di competenza) cifra di molto superiore al tetto massimo stabilito dall’Ato, comprensivo di ogni costo, in 16.238.405,60 euro.
Pertanto, la differenza non è sostenuta da un legittimo potere impositivo.
In conclusione, ci sono altre riflessioni da fare sulla gestione finanziaria, ma saranno svolte in successivi interventi.
Pompeo Nuzzolo
Come al solito, a pagare sono sempre i soliti ” ignoti”, ma solo per notizia, questi soldi riscossi in più su di una tassa già di per sé odiosa, che fine fanno? Chi è come sono gestiti?
Pompeo Nuzzolo ex segretario comunale è fonte attendibile. In attesa del prosieguo quanto scritto dovrebbe divenire un bastone nelle mani dell’opposizione. Staremo a vedere.